Il 70-95% del link condivisi avviene tramite il copia/incolla, lo rivela Jeff Sonderman in un articolo su Poynter. I social sharing buttons non mancano ormai nemmeno nella pagina o nel blog più spartani, per cui fa specie questa predilezione per un metodo che, per quanto comunque rapido, rimane più macchinoso.
Ancora più interessante il fatto che il copia/incolla sia usato si per la condivisione sui social ma maggiormente per condivisioni “uno-a-uno o uno-a-pochi” (come le ha definite Greg Cypes direttore di AddThis) tramite email o servizi di istant messaging.
Come suggerisce Sonderman, questi dati non significano che i social sharing buttons siano inutili.
Sono ancora utili, anche se non sono il modo principale con cui le persone condividono contenuti online. Il segnale visivo di tweetare o mettere “like” alla pagina può spingere alla condivisione impulsiva. E ogni pulsante che registra il numero di “like” o tweet dà il suggerimento che può valere la pena di leggere o condividere la storia.
Piuttosto, al netto di un metodo di conteggio dei numeri dei social media buttons che potrebbe non registrare tutto l’effettivo traffico da loro generato, rimane il rapporto privato che instaurano molti utenti nello scambiarsi e condividere tra loro articoli, video, foto, etc. Una tendenza non cancellata dai social network ma che, semmai, convive insieme ad essi. Come scrive Gerardo Di Meo su Techeconomy un fattore che potrebbe essere costitutivo allo stesso web
Resta, però, che, se i dati di AddThis corrispondono a tendenza profonde, in un contesto in cui l’utilizzo dei social media è già diffuso e quotidiano, un forte desiderio di condivisione privata potrebbe rivelarsi una componente strutturale della rete. Soprattutto se si considera il crescente successo incontrato da diversi social media pensati per creare reti molto ristrette di contatti o addirittura disegnati per connettersi, interagire e condividere con una sola persona.